In apparenza semplicemente ritratti, le immagini create o rievocate nella produzione artistica di Renzo Francabandera sono invece suggerite da ben altro a priori estetico e poetico, sono tracce di un percorso di scomposizione e ricomposizione del ricordo, un tentativo a metà strada tra rappresentazione del gesto confitto alla memoria e recupero della memoria che muove l’altrui gesto, perlustrazione in un territorio di frontiera che della transizione e del passaggio, restituisce appunto il tratto che indugia sulla massa plastica che sfuma e sul colore che raggruma, motivo che, a sentir l’artista, è il risultato del segno fatto al buio, a nostro avviso, è, invece, il tentativo di sottrarre all’immanenza caduca del momento la suggestione eterna del teatro.
La monografica Del colore del teatro è, in tale prospettiva, un progetto che nasce dalla passione e dall’abnegazione di chi, con grande generosità, offre il suo talento al corpo a corpo con la Storia, cercando di render eterno e metatemporale, la magia della scena che accende e poi svanisce, così gli schizzi, del tutto privi di passo narrativo, sono frammenti delicati e lirici di un personale palinsesto teatrale, un palinsesto di cui lo stesso Francabandera riconosce, a buon diritto, l’evidente potenziale espressivo, l’innegabile cifra emotiva.
La prosaica attenzione della cronaca si disfa nel fragile stemperarsi delle linee, dei volti, del movimento colto a tratti discontinui e, seguendo l’astratto ritmo di una convergenza poetica ed astratta, scorgiamo il senso di questa impresa atta a scandagliare la zona opaca tra l’occhio che osserva e l’immaginazione che ricrea, in un percorso che non dà testimonianza di un fatto che racconteresti su carta fotografica, ma rivela, altresì, l’intimo godimento di un sentimento antico, quello che fa dell’uomo un pellegrino-artista che dà luce alle ombre.
Fino al 24 aprile la mostra Del colore del teatro è alla sala Carlo V del Maschio Angioino di Napoli.
Teatro